Vinicio Marchioni e Vittoria Puccini, diretti da Arturo Cirillo sono i protagonisti di La gatta sul tetto che scotta, in scena al teatro Manzoni di Milano fino al 28 febbraio.
La gatta sul tetto che scotta, uno dei drammi più imponenti di Tennessee Williams, torna al teatro Manzoni di Milano fino al 28 febbraio. Questa volta sono Vinicio Marchioni e Vittoria Puccini, diretti da Arturo Cirillo a interpretare i protagonisti che hanno permesso all'autore di vincere il secondo premio Pulitzer nel 1955. In un atto unico di un’ora 40 i segreti si mescolano ai non detti e alle inquietudini umane. In particolare Marchioni dopo essere stato due anni sotto i riflettori di “Tram chiamato desiderio” si cimenta con un'altra opera di Williams.
Cosa le piace del testo?
Come tutti i grandi autori, Tennessee Williams è davvero incredibile. Dopo 101 repliche, sera dopo sera, noi attori riscopriamo in scena aspetti imprevedibili del testo. Si tratta di una partitura che affronta davvero tanti temi trasversali che hanno molteplici letture.
Quali?
C'è una grandezza nell'equilibrio dei ruoli che intervalla le risate di famiglia ad altre situazioni più grottesche a quelle drammatiche. C’è una madre che vuole a tutti costi la famiglia riunita intorno a lei, un padre che deve affrontare un problema di salute, la giovane moglie Maggie e una tensione carnale inespressa con il marito Brick, il mio personaggio.
Come descrive Brick?
Insieme al regista Arturo Cirillo lo abbiamo connotato con un handicap in più: per tutta la durata dello spettacolo cammina infortunato su una gamba sola. È una difficoltà in più: questo blocco fisico diventa anche un limite esistenziale. Si tratta di un uomo senza destino che ha perso la sua anima sportiva, non gli viene riconosciuta quella sessuale e perfino quella familiare sembra sfuggirgli.
Molto avvilente.
A volte penso che Brick preferirebbe stare in disparte in un angolo, senza partecipare alla discussione. Però non può perché tutti gli parlano e lo coinvolgono. È un protagonista che non vuole esserlo.
Eppure è coinvolto in un intricato un gioco passionale con sua moglie.
In realtà la mancanza di una vita intima è una tortura per entrambi i coniugi. Credo che il mio personaggio non ricordi neanche più perché non è attratto dalla moglie. C’è questa assenza di desiderio che pervade ogni aspetto e ogni suo tentativo fatto da sua moglie diventa vano.
Qual caratteristica di Brick vorrebbe avere?
Per forza di cose Brick è costretto ad ascoltare, e ascolta molto quello che gli altri gli dicono. Ecco, credo che noi uomini ogni tanto dovremmo ricordarci di ascoltare.
Che cosa resta alla fine dello spettacolo?
La carica di tensione che si alterna a momenti di ilarità memorabili e soprattutto è uno spettacolo che crea discussioni e spunti multipli. La matematica poeticissima di Tennessee Williams è uno stimolo e la complessità del testo attraverso alcuni excursus tipici lo rende davvero memorabile.